Dai ricordi del fotografo Augusto De Luca.
“Ho sempre ammirato ed apprezzato Eugenio Bennato, perché, nonostante la sua infinita bravura, è sempre rimasto umile come persona e coerente nel suo stile musicale. Fratello di Edoardo e di Giorgio, noto come Giorgio Zito, si è laureato in fisica ma ha seguito la sua vena artistica, che l’ha portato ad essere un rinomato rappresentante della scena musicale italiana ed internazionale. Cantautore e musicista, tra i fondatori della Nuova Compagnia di Canto Popolare, nel 1969, e dei Musicanova, nel 1976, insieme a Carlo D’Angiò, ha vinto, nel 1999, il Nastro d’argento per la miglior colonna sonora per il film ‘La stanza dello scirocco’, diretto da Maurizio Sciarra. A lui dobbiamo la nascita, nel 1998, del movimento culturale e musicale Taranta Power per valorizzare e promuovere la Taranta attraverso musica, cinema e teatro, che fonde, in modo squisitamente originale, sonorità tipicamente mediterranee, antropologia culturale, tradizione e contaminazione. Nel 2006, poi, in qualità di accademico, ha insegnato al Laboratorio di Etnomusicologia presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Acclamato anche a livello delle più alte istituzioni, nel novembre 2018 è stato invitato dal Parlamento Europeo di Bruxelles a suonare in occasione della giornata dedicata ai diritti umani. Credo sia chiaro il perché desiderassi da tanto tempo fargli un ritratto e l’occasione giusta fu il mio incontro con la moglie, artista di indiscusso talento. Infatti, quando andai a casa della mia carissima amica Pietra Montecorvino per ritrarla, come ho raccontato in un precedente articolo, le dissi che mi avrebbe fatto molto piacere fotografare anche il marito. Lei, prontamente, mi rispose che non ci sarebbero stati problemi e, dopo qualche giorno, mi telefonò, dandomi il suo numero cellulare e fissandomi un appuntamento nel suo studio al Vomero. Mi recai all’incontro con la mia fotocamera Leica e un piccolo bank per illuminare la scena. Chiacchierammo amabilmente soprattutto di quando avevo conosciuto sua moglie subito dopo il film di Renzo Arbore ‘… che mi hai portato a fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?’, che le aveva dato una grande notorietà e gli raccontai anche di alcune polaroid che le avevo fatto in quel periodo e che, purtroppo, con mio grande rammarico, non riuscivo più trovare. Poi mi mostrò le varie stanze per trovare uno sfondo adatto al ritratto che avrei dovuto realizzargli. Fui subito colpito da una notevole quantità di strumenti a corda che erano in giro un po’ ovunque e capii che erano proprio quelli che dovevo utilizzare nella foto. Li raggruppai insieme, posizionai la luce lateralmente, per creare l’ombra di uno di essi sulla parete e scattai. Feci pochissime foto, perché guardando gli scatti, mi resi conto che il risultato era già ottimo e, dopo un bel caffè, che non presi prima perché avevo premura di cominciare il lavoro, lo salutai e andai via soddisfatto. Qualche giorno dopo inviai il file anche a Pietra che mi disse che lo scatto era piaciuto molto anche a lei… non potevo essere più contento”.