Dai ricordi del fotografo Augusto De Luca.
“Se c’è un elemento che accomuna tutti i napoletani ed è contenuto nel loro DNA è la musica; in Tony Cercola, nome d’arte di Antonio Esposito scelto in omaggio alla cittadina alle falde del Vesuvio in cui ha vissuto da bambino e da cui ha assorbito vibrazioni, fermenti popolari ed energia vulcanica, questa caratteristica si manifesta all’ennesima potenza. Ha l’innata capacità di far diventare strumento ritmico ogni oggetto; infatti, spesso, nei suoi dischi utilizza delle semplici “buatte” di diverse grandezze, tamburi artigianali “poveri” a percussione, ideati anche da lui stesso con scatole di vario genere, riuscendo a produrre con esse dei suoni straordinari. È un ottimo compositore e un geniale percussionista, o meglio, un “percussautore”, come ama definirsi, termine coniato con l’amico Sandro Petrone, che sugella la sua originalità musicale, frutto di un’incessante ricerca e concentrato di ardore e curiosità e che rende riconoscibile ovunque il suo “lumumbese”, il linguaggio nuovo che è stato in grado di creare. Nato artisticamente negli anni Settanta nell’ambito del celebre Neapolitan Power, caratterizzata dal sapiente equilibrio di tradizione e innovazione musicale, splendida celebrazione di un miscuglio di elementi musicali solo all’apparenza inconciliabili, spazia dalla cultura etnico-mediterraneo a quella di altri continenti, influenzato dalle sonorità balcaniche, cubane, africane e argentine. Di certo il suo intenso legame con la cantante argentina Rosarillo, sua compagna nella vita, con cui si esibisce con una certa frequenza anche all’estero, gli permette di inebriarsi di influssi esotici che, inevitabilmente, riflette nelle sue composizioni.
Nel corso della sua prolifica carriera ha lavorato con artisti importanti come Pino Daniele, Edoardo Bennato, Tullio De Piscopo, Don Cherry, Brian Ferry, Roberto Murolo, Mia Martini, Eduardo De Crescenzo, Enzo Gragnaniello, con cui è intervenuto in fortunati programmi televisivi come ‘L’altra domenica’ di Renzo Arbore, o contattato da altri grandi nomi per partecipare a Jam Session o supportare nei dischi e CD le loro basi ritmiche, riempiendo palasport e stadi. Insomma, il suo è un vero carisma riconosciuto da tutti. Tra l’altro è una persona estremamente cordiale e simpatica, conversatore brillante che regala aneddoti simpaticissimi. Quella mattina ci incontrammo al Vomero e mi portò a casa di un suo allievo per farsi ritrarre da me. Mi raccontò tanti aneddoti e i nuovi progetti che da lì a breve avrebbe realizzato. Quando Tony inizia a parlare è irrefrenabile, è un fiume in piena e racconta con una passione e con un entusiasmo non comuni: fui io ad interromperlo, seppur a malincuore, anche se lo avrei ascoltato per ore, ma il tempo passava e ancora non avevo neanche trovato il mio punto di ripresa. In quella casa di Napoli, a via Kerbaker, c’erano molti strumenti a percussione e, dopo averne individuato uno con due tamburi, pensai di fotografarlo in un cantuccio di una stanza, in modo che le ombre delle sue braccia proiettassero sui muri di quell’angolo due tracce, formando due ali che mi ricordavano la velocità e il movimento delle sue mani che, ritmicamente, percuotevano lo strumento. Quando suona, Tony vola sulle sue percussioni. Da vedere oltre che da ascoltare! Scattai e subito capii che avevo il ritratto giusto: quella composizione mi soddisfaceva e rispecchiava le mie aspettative. Eppure, realizzai ancora molte altre foto con sfondi e strumenti diversi che forse un giorno pubblicherò. A Tony questo scatto è piaciuto talmente che lo utilizza in diverse occasioni, lo ha addirittura pubblicato come copertina di un suo CD e di un suo libro, ‘Per chi suona la buatta – Storia di un percussautore’, scritto insieme ad Antonio G. D’Errico, e questo non può che riempirmi di gioia e soddisfazione. Non c’è cosa più bella e gratificante di constatare che un tuo lavoro viene apprezzato e valorizzato”.