Il provvedimento non è ancora stato formalmente adottato ma è già stato comunicato alle autorità di Bucarest, che – secondo fonti governative citate – si sono mostrate «logicamente contrariate ma comprensive». A Bruxelles sono invece imbarazzati anche se l’esame tecnico rivela che la mossa è compatibile con le norme per la libera circolazione. Il problema è dunque un altro: è che qualche Paese potrebbe presto seguire l’esempio.
La Spagna era stata anche la prima a togliere le restrizioni nel 2009 ma la crisi le ha consigliato di fare dietrofront ed ora, in presenza del tasso di disoccupazione record, doppio della media dei Paesi Ue, l’esecutivo ha deciso di fare marcia indietro e di introdurre di nuovo l’obbligo del permesso di lavoro.
La disoccupazione è salita al 20% e sta tenendo a casa 5 milioni di persone e su 800 mila rumeni che già risiedono nel Paese, il 38% non ha un lavoro: «Mi sembra ragionevole assorbire prima quelli che sono qui», spiega Anna Terron, viceministro al Welfare. Comunque le restrizioni adottate dal governo spagnolo, sono temporanee e saranno riesaminate in base all’evoluzione del mercato del lavoro.
Lo stop non riguarda gli 800 mila rumeni che già risiedono in Spagna, ma solo per i nuovi arrivati che prima di venire a lavorare in Spagna “dovranno chiedere un permesso rilasciato in base all’esistenza di un contratto di lavoro” , si legge in un comunicato del governo. In Italia la situazione è diversa ed i rumeni sono  all’incirca 1.200.000 dove costituiscono la componente più rilevante dell’immigrazione non temporanea nel nostro paese, seguiti poi dagli albanesi e dai marocchini e, via via, da tutti gli altri. Il tasso di disoccupazione è minimo anche se molti rumeni preferiscono rientrare in patria, infatti chi ha un impiego spesso lo trova solo se scende a compromessi: nessun diritto, nessun giorno di riposo, nessun limite di orario, nessun contributo.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.