Pechino ha varato una nuova legge che permetterà alla sua marina di intercettare tutte le navi che passano nel Mar cinese meridionale. La norma, approvata la scorsa settimana dalla provincia di Hainan, che secondo il governo comunista ha la giurisdizione su tutto il Mar cinese, ha spaventato molti paesi del Sudest asiatico e non solo, dal momento che la Cina parla di tratte da cui passa un terzo del commercio marittimo mondiale.

«ATTIVITÀ ILLEGALI». Wu Shicun, direttore generale dell’ufficio per gli affari esteri della provincia di Hainan, ha cercato di calmare le acque affermando che la marina cinese intercetterà e respingerà solo le navi che conducono «attività illegali» (non ha però specificato che cosa rientri nella concezione cinese di «attività illegali») e solo se trovate a navigare a 12 miglia nautiche da isole di proprietà della Cina. E proprio qui sta il problema: secondo Pechino appartengono alla Cina tutte quelle acque e isole che si trovano all’interno della cosiddetta “nine-dash line”, una mappa dei presunti territori cinesi che include le isole Paracel e Spratly, reclamate anche da Vietnam Brunei Taiwan Filippine e Malaysia, e le isole Senkaku/Diaoyu, contese dal Giappone.

Le nuove regole saranno applicate dal primo gennaio e così la Cina potrà «bloccare, respingere e prendere il controllo» di tutte le navi straniere che «entrano illegalmente» nelle sue acque territoriali. Filippine e Stati Uniti hanno rilasciato dichiarazioni di fuoco contro il Partito comunista cinese, guidato dal segretario (appena nominato) Xi Jinping. Il ministro degli Esteri filippino ha dichiarato: «L’azione che la Cina ha programmato è illegale e conferma quanto continuiamo a dire da tempo sulla pretesa cinese di avere la sovranità su quasi tutto il Mar cinese meridionale. Non è solo eccessivo, ma rappresenta una minaccia per tutti i paesi».

 

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