Il picco di Hubbert è un termine che ricorre spesso nei discorsi sulle politiche energetiche globali. Negli anni ’50 un geologo americano, Marion King Hubbert, dimostrò che la produzione petrolifera mondiale sarebbe giunta in pochi decenni a un picco, superato il quale le riserve sarebbero inesorabilmente diminuite, fino al loro esaurimento. Nei primi anni ’70 del secolo scorso gli Stati Uniti, che presero sottogamba quella teoria, sperimentarono drammaticamente gli effetti del superamento del picco: la crisi energetica che colpì l’America, rendendola sempre più dipendente dal petrolio importato dall’estero, era dovuta proprio all’esaurimento crescente dei giacimenti presenti nel paese. Da allora, l’approvvigionamento del greggio è diventata una priorità della politica estera americana, tale da coinvolgere sempre più gli USA nella regione mediorientale per garantire che l’afflusso di petrolio resti costante.

Hubbert proponeva un picco di gran lunga peggiore di quello già sperimentato dall’America. Un picco mondiale, dopo il quale il petrolio avrebbe iniziato ad esaurirsi.
In molti credono che la crisi sia già in atto, che il picco sia già stato superato. In un recente numero di “Nature”, due dei principali esperti dell’argomento, l’americano James Murray e l’inglese David King, non hanno usato mezze misure per annunciare la verità: il picco del petrolio è stato superato, le riserve stanno iniziando a finire e il prezzo del greggio e della benzina aumenterà ogni anno di più, provocando drammatici contraccolpi politici ed economici.

A partire dal 2005, la produzione convenzionale di petrolio greggio non è cresciuta di pari passo con la crescita della domanda.

Il 21 settembre del 2011, in un’ intervista al Financial Times, l'amministratore delegato della Shell, Peter Voser aveva detto: «La produzione dei campi esistenti declina del 5% all'anno, nella misura in cui le riserve si esauriscono, tanto che bisognerà che il mondo aggiunga l'equivalente di 4 Arabia saudita o di 10 Mari del Nord nei prossimi dieci anni, solo per mantenere l'offerta al suo attuale livello, anche prima di un qualunque aumento della domanda».

La Chevron aveva addirittura lanciato nel 2005 una campagna pubblicitaria sul picco petrolifero, con manifesti 4×3 negli aeroporti e pagine intere sul Wall Street Journal e il suo amministratore delegato ama dire: «Ci abbiamo messo 125 anni per sfruttare il primo trilione di barili di petrolio. Avremo consumato il successivo trilione di barili in 30 anni».  

Petrobas, nel febbraio 2010 avvertiva che le estrazioni mondiali di petrolio erano già in declino e che quindi bisognava assolutamente investire nelle costosissime e pericolosissime trivellazioni offshore in acque profonde.

La Exxon, che ormai ha superato la Bp come più grande compagnia petrolifera del mondo, tace e cerca di farsi spazio nell'oceano artico russo, dove ci sono vaste aree ancora intatte e che il global warming sta liberando e dove gli scrupoli ambientali sono praticamente inesistenti.

La nuova Arabia saudita è la Russia, diventata il primo produttore di petrolio nel 2010, ma le sue nuove riserve sono comunque sfruttabili con molta difficoltà senza l'arrivo nell'Artico di colossali investimenti e tecnologie di punta occidentali.

La Cina sul picco del petrolio ha addirittura istituito un gruppo di studio ufficiale e prevale il pessimismo. Fino al 2000, la Cina era quasi autosufficiente ed ancora oggi è un produttore di petrolio di primo piano, ma secondo il Dipartimento Usa dell'energia le sue estrazioni stanno rallentando, mentre la richiesta di greggio è raddoppiata. 

Il mercato del petrolio è quindi passato a un nuovo e diverso stato, in una di quelle che in fisica si chiamano transizioni di fase: oggi la produzione è «anelastica», incapace cioè di seguire la crescita della domanda, e questo spinge i prezzi a oscillare in modo selvaggio. Le risorse degli altri combustibili fossili non sembrano in grado di colmare il buco”, sostengono Murray e King. Il primo è direttore del programma sul cambiamento climatico all’Università dello Stato di Washington a Seattle, mentre il secondo, direttore della Smith School of Enterprise and the Environment dell’Università di Oxford, è stato anche a lungo consigliere scientifico del governo di Sua Maestà.

Negli ultimi sei anni, dimostrano i due autori della pubblicazione su Nature, la produzione di greggio non è più cresciuta, mentre è aumentata la domanda mondiale. Il risultato è stato un aumento del prezzo a barile di ben il 15% l’anno, nonostante alcuni cali del prezzo dovuti ai periodi di recessione, come quello attuale, che ha portato il prezzo per barile a scendere dai 140 dollari del 2008 ai 111 dollari attuali. Una cifra enorme, comunque, rispetto ai 15 dollari del 1998. E ad accorgersene sono anche le nostre tasche. Mentre le riserve attualmente note si riducono, le grandi compagnie assicurano che nuovi giacimenti sono pronte per essere sfruttate. Tra le altre, l’ENI è particolarmente attiva nell’individuazione dei nuovi giacimenti: di recente l’ENI, insieme alla Shell, si è assicurata la proprietà di uno dei più grandi fino a oggi scoperti, al largo della Nigeria.

Ma i problemi sono tre. Il primo dipende dal fatto che questi giacimenti si trovano molto più in profondità di quelli finora noti, e per estrarvi il petrolio sono necessari lunghi e costosissimi investimenti, sia nella ricerca e sviluppo di nuove tecniche estrattive, sia nell’effettiva realizzazione dei pozzi. Ciò naturalmente si ripercuote sul prezzo a barile del greggio estratto. Il secondo problema, fatto notare da Murray e King, è che “il reale volume delle riserve accertate è oscurato dal segreto; le previsioni delle aziende petrolifere di stato non sono verificate e sembrano essere esagerate”. Il terzo problema va da sé: “Inoltre, e soprattutto, le riserve richiedono spesso dai 6 ai 10 anni di perforazioni e sviluppo per entrare a far parte dell’offerta, e nel frattempo avrà cominciato a esaurirsi qualche altro campo petrolifero più vecchio”.

Fonti:
http://scienze.fanpage.it/il-picco-del-petrolio-e-stato-superato/
http://greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=12485&cat=Energia

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