Era il 1997 e lavoravo da un paio d’anni con l’editore Gangemi di Roma per la realizzazione di alcuni libri fotografici commissionati dalla TAV, Treno Alta Velocità.
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Un giorno Gangemi mi chiamò e mi chiese se volessi fotografare il “Palazzaccio”, così nella Capitale chiamano il Palazzo di Giustizia, in cui hanno sede la Corte suprema di cassazione e il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma e la fornitissima Biblioteca centrale giuridica.L’edificio, con le sue dimensioni insolite e le molteplici decorazioni, ha sempre fatto parlare molto di sé, sin dagli esordi della sua costruzione, nel 1889, fino all’inaugurazione, avvenuta nel 1911, ed anche oltre.
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Il suo soprannome, infatti, deriva da una vicenda legata ad un’inchiesta parlamentare per imbarazzanti lievitazioni dei prezzi e sospetti di corruzione. C’è chi lo ritiene architettonicamente ridondante e pesante, personalmente ne ho sempre apprezzato l’imponenza e la luminosità. I testi del volume sarebbero stati realizzati da architetti e studiosi di fama internazionale. Nessuno aveva mai pubblicato un’opera così specifica su quello stabile e ciò rendeva quel lavoro molto importante.
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La cosa mi allettava molto, ma, allo stesso tempo, mi faceva tremare i polsi. Avevo una grande responsabilità e comunque continuavo a chiedermi come avrei potuto fotografarlo nella sua intimità, visto che era sempre affollato di tanta gente indaffarata. Il mio editore, in poco tempo, riuscì a farmi avere un permesso speciale per poter accedere in quel luogo proprio di domenica, giorno della sua chiusura al pubblico.
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Per muovermi più agevolmente, quella mattina mi recai lì con una fotocamera Contax, chiamata dagli addetti ai lavori 35 millimetri, dal formato cioè più piccolo e rettangolare. Avevo a mia completa disposizione tutti quegli spazzi enormi e deserti e fu una bellissima esperienza muoversi in totale libertà, scoprendo ogni angolo del famoso edificio giudiziario. Scattai fino a ora di pranzo e poi, soddisfatto, tornai di corsa a casa per sviluppare i rollini. In quel periodo erano pochissime le fotocamere digitali, e comunque non erano molto affidabili.‘Il Palazzo di Giustizia di Roma’, Gangemi Editore, ha riscosso così tanto successo da essere ospitato nelle collezioni di varie biblioteche e da aver avuto anche una seconda edizione nel 2002. Le immagini, in bianconero virate seppia, sono appunto di Augusto De Luca, ‘Luci e ombre del Palazzo’, la prefazione di Giovanni E. Longo, e i saggi di Marcello Fabbri, ‘Un cuore di pietra per la capitale’, Carlo Vallauri, ‘L’Italia al passaggio del secolo’, Paolo Marconi, ‘Il Palazzaccio: storia e architettura’, Antonella Greco, ‘Lo specchio del poligrafo’, Mario Pisani, ‘I monumenti di Roma Capitale’, Paolo Portoghesi, ‘I maestri dell’eclettismo’.
Augusto De Luca
![Rachele De Martino](https://i0.wp.com/www.scatolepiene.it/wp-content/uploads/2020/12/scatty.png?resize=100%2C100&ssl=1)