La manovra previdenziale approvata, si appresta ad essere di portata storica, sia per l’impatto sul debito pubblico, sia per le aspettative di crescita e di ricambio generazionale in ambito lavorativo. L’obbiettivo di creare opportunità lavorative legate a “quota 100” è condivisibile in un sistema sano, ma non di semplice conseguimento. I meccanismi di sostituzione dei pensionati che usufruiranno di quota 100, sembrano non avere riscontro negli studi che pongono in relazione l’età di pensionamento con la quota di occupazione giovanile.

Sulla falsa riga della manovra finanziaria approvata in deficit, similmente accadrà con la riforma previdenziale, ovvero, la creazione di un debito pensionistico. Questo potrebbe comportare nell’intero sistema aspettative di rialzo degli oneri sociali per riequilibrare  lo scompenso di cassa generato. E’ inoltre da considerare che attualmente, al netto delle nuove prestazioni sociali, il sistema pensionistico impatta nel bilancio dello Stato con un -130 mld di prestazioni pensionistiche. Scontato dire che il dato sarà in netto rialzo per il prossimo decennio.

Quota 100, influisce tanto nel mondo del lavoro, quanto in termini di deficit e debito pubblico nei prossimi anni, con uscite stimate sui 17 miliardi. Tutto ciò considerato che l’attuale sistema pensionistico eroga ancora prestazioni con componenti retributive e questo comporterà esigenze di cassa nell’immediato, in quanto, la componente retributiva del trattamento non viene corretta tenendo conto della maggiore durata della prestazione. La corte dei conti ci avvisa inoltre, che in quadro previdenziale parecchio compromesso, occorre prestare attenzione all’introduzione del “ Reddito di Cittadinanza” che porterà l’offerta di lavoro regolare ad una “non convenienza dello stesso”, con successivo aumento del lavoro “in nero”.

Il quadro che si delimita non è quindi dei più rosei, ai posteri l’ardua sentenza.

Nicola Di Leo

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