Nel racconto di Edgar Allan Poe “La maschera della morte rossa” un ricco principe, insieme alla sua corte, per sfuggire ad una purulenta epidemia emorragica che andava velocemente diffondendosi in tutto il territorio, decide di rinchiudersi nel suo castello e di organizzare, credendosi al sicuro, feste in maschera, fino a quando ad una di queste tra le altre maschere non appare quella lugubre della morte rossa cosicché tutti i partecipanti, uno ad uno cominciano a morire.

Un racconto che ben si presta come metafora della nostra condizione di precari!

Ovviamente i precari sono il principe e la sua corte che invece di fare qualcosa per combattere la morte rossa, nel nostro caso la precarietà, preferiscono rifugiarsi nel castello, cioè nell’illusione che il problema si risolverà da solo o verrà risolto da qualcun altro (cioè dagli stessi partiti che il precariato l’hanno creato – e qui si comprende quanto lontano siamo da uno dei tanti popoli che in questi mesi combatte per la sua libertà) non rendendosi conto che prima o poi (e visti i tempi cupi di crisi che viviamo molto prima di quanto se lo aspettino) la loro precarietà li sommergerà con tutti i problemi irrisolti che ne derivano.

Ma tant’è che sembrano preferire la miseria e l’impossibilità di creare un futuro a loro e alle loro famiglie piuttosto che muovere il culo e aggregarsi al nostro movimento che mira a unire tutti i precari e a creare un partito che abbia come scopo principale quello di cancellare la precarietà dal nostro ordinamento legislativo italiano.

E così oggi molti precari festeggiano, permettendosi addirittura di andare in ferie, senza sapere che la maschera della morte rossa, cioè della miseria, è già tra loro e non aspetta altro che farli diventare disoccupati.

Dovremo aspettare questo prima di iniziare ad agire?

F.to

Lo staff di

Aboliamo il lavoro precario

www.aboliamolavoroprecario.it

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