Il 2012 si chiude con una prospettiva che terrorizza gli investitori internazionali: la possibilità che gli Stati Uniti finiscano in un fiscal cliff, un precipizio fiscale. Ma di che si tratta, e perché questa ipotesi fa tanta paura ai mercati? In sostanza, nel 2013 potrebbero scattare automaticamente una serie di tagli alla spesa pubblica e di incrementi delle tasse statunitensi per un importo complessivo pari a 600 miliardi di dollari soltanto nel corso del prossimo anno. Una cifra enorme, pari al 3,5% del Pil americano, che comporterebbe una riduzione sostanziale del deficit pubblico. Una stima dell’ Ufficio Budget del Congresso prevede che la crescita del debito americano di qui al 2023 potrebbe essere ridotta del 70 % per via di queste misure automatiche: come dire, 7.100 miliardi di dollari in meno a carico del governo americano nei prossimi 10 anni.

Si potrebbe pensare che una riduzione del deficit venga accolta con favore dagli investitori. In fondo, è stato proprio il problema della sostenibilità del debito pubblico a determinare il downgrade del rating Usa da parte di Standard&Poor’s nel 2011. E l’ Europa conosce bene i rischi di una crisi del debito generalizzata e incontrollata. Ma se è vero che, nel lungo termine, le finanze degli Stati Uniti risulterebbero più solide grazie al minor carico di debiti, bisogna anche considerare che nel breve periodo l’attuazione automatica di queste misure potrebbe aggravare la recessione statunitense già durante i prossimi anni della seconda Amministrazione Obama. Insomma, un po’ il dilemma cui si è trovato dinanzi, in Italia, il governo Monti quando si è trattato di bilanciare nuove tasse e incentivi per lo sviluppo. Ma poiché gli Usa sono ancora una delle economie portanti del mondo intero, una loro crisi potrebbe avere ricadute globali, rallentando ulteriormente la ripresa dei mercati internazionali. 

Quanto è concreto il rischio che si verifichi un fiscal cliff? Le cose stanno così: a fine anno scadranno gli effetti del Tax Relief, Unemployment Insurance Reauthorization, and Job Creation Act del 2010. Si tratta di un atto dell’Amministrazione Bush che estendeva sino a tutto il 2012 una serie di misure varate inizialmente nel 2001 e nel 2003 e volte ad alleggerire la pressione fiscale per gli americani. Si prospetta, quindi, un aumento delle tasse. Ma c’è anche un’altra tappa importante. Il 2 gennaio, infatti, scatteranno automaticamente gli effetti del Budget Control Act del 2011. Si tratta di una legge approvata da Obama quando il debito statunitense si avvicinava pericolosamente al tetto massimo accettabile per legge. L’atto ha innalzato immediatamente il tetto del debito di 400 miliardi di dollari, prevedendo anche la possibilità di richiedere un secondo rialzo di 500 miliardi. Per approvare la legge, tuttavia, l’Amministrazione democratica ha dovuto mediare con le richieste dei Repubblicani al Congresso, introducendo anche una serie di tagli automatici alla spesa pubblica proprio a partire dal 2013.

Attualmente, i due partiti statunitensi stanno cercando un accordo per rimandare o ridurre l’effetto combinato dell’innalzamento delle tasse e della spending review a stelle e strisce. Le ultime notizie non sono delle più incoraggianti. Il 30 novembre i Repubblicani hanno respinto, di fatto, la proposta di Obama per mediare le due posizioni.

Fonti:
http://money.wired.it/finanza/2012/12/03/fiscal-cliff-stati-uniti-212345.html
http://news.discovery.com/human/fiscal-cliff-obama-121107.html

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